Mittwoch, 30. März 2016

Refe-orrendum - „per la durata di vita utile del giacimento“

L’etimologia del termine referendum (riduzione dal latino “convocatio ad referendum” ,, convocazione per riferire) non aiuta a comprenderne il significato in senso elettorale. la lingua tedesca per il significato moderno del termine utilizza  i lemmi “Volksentscheid” o “Bürgerentscheid” (rispettivamente “decisione del popolo o dei cittadini”). 
Salvo la Svizzera, dove questo metodo di decisione politica è la base della democrazia vera,
in tutto il resto del mondo i governanti sono piuttosto restii ad affidare le decisioni politiche agli elettori tramite referendum  perché  ben sanno che quasi sempre sarebbero smentiti.

In Italia il caso è come al solito speciale: di fatto la decisione popolare non viene considerata vincolante, come avvenne ad esempio per il finanziamento pubblico ai partiti (la legge che regolava questi finanziamenti fu abrogata, ma  unicamente per essere sostituita da una nuova legge ancor più generosa verso i partiti). Idem per la legge di modifica della Costituzione del 2006, rigettata dal popolo ma riproposta ed approvata in altra forma dal Parlamento.
Stupisce dunque la relativa frequenza dei referendum in considerazione sia della loro insignificanza (i governanti ignorano i risultati se non loro convenienti) sia dei notevoli ostacoli per imporli al potere (sulla loro ammissibilità decidono prima l' Ufficio centrale per il Referendum è costituito presso la Corte Suprema di Cassazione italiana e poi la Corte Costituzionale. E non basta, poiché si devono fare i conti anche col quorum, che  per i referendum abrogativi è il 50% degli aventi diritto al voto (un vincolo non indifferente: ben 27 sui 66 finora svolti, cioè il 40 %,  non hanno infatti raggiunto il quorum).  
Evidentemente in Italia la relativa frequenza dei referendum non è giustificata tanto dalla loro utilità quanto piuttosto dall’ostilità giustificatissima dei cittadini  contro le oligarchie al potere che della volontà popolare se ne strafottono. 
Il prossimo referendum abrogativo sarà il 67mo dal 1948, e curiosamente è anche il primo convocato per iniziativa di cinque regioni. Per il resto invece anche questo rientra pienamente nella tradizione che sottolinea il disprezzo verso i cittadini da parte dei governanti: per comprendere di che cosa si tratta occorre andare a ricercare:
1)      il comma 17 , terzo periodo, dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, ma non nella sua versione originaria poiché esso è stato modificato dal ...
2)      ... comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015 n. 208 ...
3)      ...  e una volta giunti a questo testo si possono ricercare le  parole oggetto di scelta referendaria, parole che verrebbero cancellate se  la maggioranza dei votanti col raggiungimento del quorum votasse “si”.

Vale la pena riportare queste parole oggetto di contestazione poiché si tratta di una chicca linguistico-filosofica di grande interesse:

“per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale” 

Ovviamente senza aver sottomano le altre norme citate queste parole sono incomprensibili.
Dunque risaliamo ai testi citati:

Reperito sulla gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006 il testo della legge, ecco la prima sorpresa: il citato “comma 17 , terzo periodo, dell’articolo 6 “ non esiste, l’articolo ha soltanto 8 comma ! (http://www.sintai.sinanet.apat.it/normativa/152_2006.pdf)

Certo, che sciocco si dice il cittadino, l’articolo è stato modificatoquindi cancellato affinché non ne resti memoria storica, esattamente come avveniva con le foto ritoccate da cui sparivano le vittime delle purghe staliniane. Il cittadino non comprende perché nella chiamata referendaria venga citata una norma che non esiste più ed è irreperibile nelle pubblicazioni online. Ah, se avessi un magazzino dove raccogliere i testi originali, non dovrei temere la iscrizione delle norme così come secondo la profezia orwelliana si sta riscrivendo la storia intera. E va dunque alla norma successiva che ha cancellato la precedente: 
comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015 n. 208:
“ All'articolo 6, comma 17, del  decreto  legislativo  3  aprile 2006, n. 152, il secondo e  il
  terzo  periodo  sono  sostituiti  dai seguenti: «Il divieto e' altresi' stabilito nelle zone di mare
  poste entro dodici miglia dalle linee di  costa  lungo  l'intero  perimetro costiero nazionale e
 dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi gia'
 rilasciati sono  fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto  degli
standard di sicurezza  e  di  salvaguardia  ambientale.  Sono  sempre assicurate le attivita' di 
manutenzione  finalizzate  all'adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli
 impianti  e  alla  tutela dell'ambiente,   nonche'   le   operazioni   finali   di   ripristino
ambientale».“ 
 Giunto a questo punto, il cittadino diligente che si è adoperato ad esercitare il proprio diritto-dovere 
democratico per poter votare con conoscenza di causa ha una prima risposta :
la frase da eventualmente cancellare si riferisce ad un divieto non meglio specificato (di cui non può sapere altro poiché la norma di riferimento in cui veniva esplicitato non è più reperibile). Dalla frase oggetto di scelta referendaria riesce unicamente a capire che si tratta di “giacimenti” sottomarini, dunque probabilmente di azioni industriali su materie prime da estrarre dal sottosuolo. 
L’unica cosa che gli pare di comprendere è che la legge da eventualmente modificare nella sua versione ancora valida menziona che, divieto o meno, sono stati in qualche  modo rilasciati in passato dei titoli abilitativi  (a fare qualcosa che successivamente è stato vietato).
Il cittadino si chiede allora che cosa cambierebbe con la cancellazione delle famose parole.
Comprende che la legge comunque ha l’obiettivo di non contestare i “titoli abilitativi” (e gli è immediatamente chiara anche la scelta lessicale: per analogia con titoli di studio op rofessionali  i “titoli abilitativi” , nel contesto di un divieto,  suonano meglio che non “autorizzazioni”).
Pur non avendo potuto appurare di che cosa si tratta nonostante tutta la buona volontà ed il tempo investito nella ricerca, il cittadino si chiede unicamente ancora che differenza fa una norma che mantiene un’autorizzazione sic et simpliciter, o una che come l’attuale la fa dipendere dalla “durata di vita utile del giacimento”.
Che un giacimento possa avere una vita gli appare una scelta ingegnosa del legislatore:  i giacimenti rappresentano notoriamente pericoli per la natura e la vita di piante, animali e uomini, dunque accostati al termine “vita” sembrano assumere caratteristiche meno temibili.
“Durata di vita” poi è quasi un termine biologico,  richiama l’eterna legge della natura.
L’incanto finisce tuttavia quando il cittadino si chiede il perché dell’aggettivo “utile” : in termini biologici non ci può essere vita utile o inutile!  E dunque chiaramente se si tratta di un qualcosa di inanimato come il giacimento l’espressione deve essere debitamente tradotta in termini reali: durata di sfruttamento utile. Utile a chi ? Non certo all’ambiente, visto che si parla di salvaguardarlo nel rispetto degli “standard” (perché non scrivono “norme”: èvidentemente un termine vago è preferibile a chi opera lo sfruttamento per la durata utile).
Il cittadino sconcertato riflette su cosa rispondere al figlio maggiorenne che gli ha chiesto lumi sul referendum:
- Hai scoperto di che cosa si tratta papà?
- Sí e no. In parole povere si tratta di aggiungere o togliere limiti ad una norma che autorizza le concessioni già date per sfruttare giacimenti “finché c’è qualcosa da estrarre”. Voglio esser più chiaro: la norma attuale dice che anche se in base a leggi successive le autorizzazioni per estrarre materie prime dai giacimenti dovrebbero essere revocate, pur tuttavia possono essere mantenute se rispettano le norme di salvaguardia ambientale.
- Ma papà, come fanno a rispettare le norme successive se in base ad esse le autorizzazioni non potrebbero più essere concesse ? C’è una evidente contraddizione nella legge attuale.
- Bravissimo figlio mio, hai capito al volo:  i cittadini italiani sono chiamati alle urne per eliminare esattamente questa contraddizione. Si cancellano le condizioni restrittive e si autorizza a fare come se le norme successive non esistessero: chi ha dato ha dato chi ha avuto ha avuto.
- Ma dove va a finire il rispetto dell’ambiente papà?
- Figlio mio, non si può far tutto: per ora si rispetta la logica e si elimina la contraddizione nella norma. L’ambiente può aspettare.
- Papà che ne facciamo delle schede elettorali ?

- Rispettiamo a l’ambiente, mettiamole nella pattumiera blu.  

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